
Hai mai avuto la sensazione che la tua luce si fosse spenta?
Corrente alternata è qui.
Una favola contemporanea che intreccia trasformazione e ricerca, di speranza e talenti smarriti. Una storia che parla di anime in cammino – come la tua – delle volte in cui ci perdiamo e in cui ritroviamo la via di casa. Per te che sei in viaggio alla ricerca della tua verità. Solo fino al 31 dicembre 2025, puoi riceverla al prezzo di lancio di 14,99 euro (spedizione inclusa).
Come costruire racconti solidi e memorabili? Come dare vita a uno storytelling autentico con una struttura solida che ti aiuti creare storie potenti e senza tempo? Una breve guida per te che sei scrittrice, storyteller o freelance.E per te che vuoi promuovere il tuo progetto con strategia e creatività.
Quando arriva l’inverno, la terra si ritira. È il tempo del riposo, la natura, gli animali tutti lo sanno. Ogni cosa sembra dormire, ma sotto la superficie qualcosa lavora in silenzio: le radici. Così è anche per le storie. Prima che fioriscano e portino frutto, devono allungare i loro intrecci nel profondo, dove si trovano le ossa, la struttura invisibile che le sostiene.
Nelle antiche tradizioni celtiche l’inverno è il tempo di Cailleach, regina anziana e saggia. Dea-strega che parla del ciclo di vita e di morte che caratterizza la natura e le storie. La madre primordiale, la signora del gelo e delle tempeste, colei che custodisce ciò che resta quando tutto il resto si spoglia.
Quando pensiamo a questo tempo viene naturale collegarci a un’immagine che simboleggia ciò che resta: le ossa. Gli alberi spogli, la natura che appare morta: ogni cosa ce le rammenta.
Le ossa ci raccontano però una storia che va oltre al nostro immaginario legato alla morte. Sono infatti la struttura che ci fornisce sostegno, che ci mantiene dritti e capaci di muoverci e vivere. Sono anche la promessa di una nuova forma.
Nella comunicazione selvatica, quando tutto sembra incerto, tornare alle ossa della storia significa ricordare cosa conta davvero. Vuol dire dare priorità alla creazione di una struttura solida, potente, profonda. Una struttura capace di dare sostegno e forma a uno storytelling di brand, a una storia che sappia affrontare e superare l’inverno per poi rinascere e fiorire in primavera.
Le ossa della storia: cosa sono davvero.
Ogni storia, anche la più semplice, ha una struttura invisibile che la tiene in vita. Senza ossa, una narrazione si affloscia: suona bella in superficie, ma non regge nel tempo. Rischia infatti di essere un bell’esercizio di stile e scrittura, ma senza quel valore aggiunto che la rende anche trasformativa e potente. Senza tempo.
Le ossa della storia sono dunque i pilastri emotivi, razionali, concreti e narrativi che danno senso e direzione. Conosciamoli insieme, uno per uno.
1. Il primo osso = il cuore, la verità delle emozioni.
Ogni storia nasce da un battito, da una scintilla che apre la via: un’emozione autentica. Qual è la sua fiamma unica? Come vuoi che le persone si sentano quando leggono il tuo racconto di brand e di vita?
Chiediti: perché questa storia merita di essere raccontata? Qual è il sentire che voglio trasmettere? La scia che voglio tramandare?
Le storie sono vive come lo sei tu, come lo siamo noi. Risuonano dell’energia che le ha fatte vibrare per la prima volta. Abbine cura, dedica attenzione a questo primo osso. È il motore degli eventi che accadranno a seguire.
2. Il secondo osso = il conflitto, ovvero la frattura necessaria.
C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce cantava Leonard Cohen.
Ecco, porta con te questo mantra. Ogni buona storia contiene una crepa, un punto di rottura. È ciò che la rende viva, che ne mostra la vulnerabilità e umanità.
Il conflitto va oltre la semplice sfida esterna: può essere un dubbio, una paura, un limite. Un desiderio, un’aspirazione. Una prova da affrontare.
Il tuo o la tua protagonista devono attraversare quell’inverno emotivo per trovare la sua nuova primavera. La sua Itaca. Nel brand storytelling, il conflitto è ciò che mostra la trasformazione. Ricordati dunque che, come in alchimia, devi riuscire a passare da un prima a un dopo. Dal piombo all’oro.
Gli altri elementi alchemici di cui hai bisogno.
3. Il terzo osso = la trasformazione attraverso il viaggio interiore e fisico.
Senza cambiamento, non c’è storia. Nessun racconto vive senza attraversare e superare una metamorfosi. Qualcosa deve cambiare pelle. Prendi spunto dall’archetipo del serpente. Ogni racconto efficace porta con sé un’evoluzione, piccola o grande che sia.
È lo scalino che fa crescere chi legge e chi scrive. Dopotutto le storie sono da tempi immemori strumenti di crescita personale e collettiva, evoluzione, apprendimento, protezione e monito, conoscenza. La trasformazione è ciò che crea movimento nella narrazione e riempie di significato e senso la tua comunicazione.
4. Il quarto osso = la tua voce
C’è una storia antica quanto la dea Cailleach che parla della Loba, colei che cantando ridona forma e sostanza al suo corpo morto. Lo racconta bene Clarissa Pinkola Estés nel suo libro “Donne che corrono coi lupi”.
Prendi ispirazione da questa storia. La tua voce è il respiro che intreccia e ricrea, dona forma alle ossa. Il tono con cui crei, la voce che senti più tua e che imprimi nel racconto è ciò che rende una storia davvero tua.
Non la copia di altre, non un ronzio in sottofondo che può essere facilmente imitato o dimenticato. Può essere ironica, profonda, gentile o arruffata: l’importante è che sia coerente con la tua essenza, che sia tua.
Nel personal branding, la voce autentica è strategica perché diventa ciò che distingue e contraddistingue permettendoti di dare vita a una storia, a un progetto indelebile.
5. Il quinto osso = il senso profondo.
Cosa resta alla fine? Cosa porta a casa il o la protagonista e di riflesso cosa rimane alle lettrici? Ai lettori? Alle tue persone? Alla fine di ogni racconto, gli innesti e i germogli devono avere attecchito nella realtà. Bada bene: non sto dicendo che deve esserci sempre un lieto fine. Assolutamente no. Sto dicendo che deve rimanere impresso un significato.
Per anni e ancora adesso un augurio, un desiderio che mi ha mosso e che ho espresso è stato: voglio avere una vita piena di SENSO. Senso con la S maiuscola che si lega dunque all’avere uno scopo, al sapere che siamo tutti collegati, che c’è un disegno più grande di noi che vive di speranza, bellezza e amore. Di umanità e compassione capace di accogliere le fragilità, la vulnerabilità di ciascuno.
Ecco allora faccio riferimento proprio a questo. Alla necessità così impellente e umana di trovare e vivere con un Senso.
Conosci l’esperimento della società utopica dei topi? Fu condotto da John Calhoun che lo chiamò Universo 25. Venne concepito come la creazione concreta della società perfetta, dell’Utopia. Un luogo sicuro, di benessere, dove tutti avevano tutto comprese risorse illimitate (riparo e assenza di predatori, cibo, acqua). Il paradiso no?
No, perché nel tempo i risultati hanno evidenziato come a contribuire al manifestarsi di comportamenti violenti e al collasso sia stata proprio la mancanza di un significato sociale.
Senza senso il sistema crolla. La struttura crolla. Lo stesso vale per la tua storia. Non scrivere per riempire spazio. Non pubblicare o creare solo perché pensi di dover performare.
Progetta, scrivi, dai voce a quello che ti chiama. A ciò che ti accende. Dai voce a quei racconti che rispondono a quella chiamata inimitabile che ci accomuna tutti.
- Qual è il senso di tutto questo mio viaggio?
- Qual è il significato più alto e profondo di questa mia storia, di questa mia vita?
- Qual è il mio compito e quale il contributo che solo io posso dare?
Fai in modo che la tua storia rifletta la ricerca di senso che regala scopo, visione e speranza. Ogni racconto avrà il suo e sarà diverso, ma deve riuscire a portare nella realtà e a lasciare dopo di sé un significato profondo.
Senza, ogni tentativo è vano. Ogni parola rischia solo di riempire uno spazio senza lasciare nulla dietro di sé. Il senso in quest’ottica è il midollo della storia — la parte che nutre chi ascolta e chi comunica. Può essere una lezione, una rivelazione o semplicemente un respiro di consapevolezza. L’essenziale è che ci sia e si palesi.
Una dea, un monito e quella saggezza che giace sottoterra dentro allo scheletro narrativo.
L’inverno è il regno della dea Cailleach, l’anziana madre che modella la terra stessa ed è custode della saggezza antica che vive nelle ossa ancora oggi. Da questa figura, da questo archetipo, possiamo imparare molto. Ella ci insegna che la forza nasce nel silenzio, nel cuore nascosto del mondo, dal ritorno all’essenziale.
Quando costruisci la tua comunicazione, ricordati di lei. Ricorda quanto preziose sono le tue ossa, le ossa della tua storia. Quando ti metti in cammino all’inizio, a metà del viaggio e alla fine, passale in rassegna.
Controlla che ci siano tutte, che siano ben radicate nella terra della verità. Ogni parola allora diverrà radice che darà vita ai germogli e infine ai frutti succosi di cui hai fame. Ogni dettaglio diverrà puntello e vertebra capace di dare vita a uno scheletro narrativo potente, trasformativo. Efficace e capace di durare nel tempo anche sotto la peggior tempesta di neve.
Bada bene, non parlo di creare una gabbia che ti soffochi a suon di regole. Quando lo vivi sulla tua pelle, nella tua storia, fai esperienza del potere dello storytelling autentico. Storytelling che non è una formula magica. Immaginalo invece come un corpo vivo. Restituisci a quella creatura le sue ossa perché possa reggersi, muoversi e respirare. La tua storia sarà infine indipendente e pronta a uscire nel mondo e incontrare chi l’aspetta.
Dopotutto le storie sono di chi le legge, le sceglie, le fa vivere. È quello il senso di tutto. L’incontro, la relazione, la trasformazione e i miracoli che avvengono quando ci si trova insieme. Se rimangono chiuse in un cassetto, per belle che siano, finiranno per soffocare e tornare a essere solo polvere su una pagina dimenticata.
Meritano di più, come lo meriti tu.
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